L'insegnamento della tradizione
Guarda 'l calor del sol che si fa vino, Giunto all'umor che dalla vite cola.
Canto XXV del Purgatorio Dante Alighieri (1265-1321)
Il vino ha sempre un legame profondo con il luogo d’origine, e il patrimonio culturale e la storia di Martis parlano di terre naturalmente vocate alla viticoltura.
I terreni, prevalentemente di origine calcarea ed esposti alle calde correnti provenienti dal mare, creano un microclima propriamente adatto alla coltivazione dei vitigni, le cui varietà, tradizionalmente legate al territorio, sono favorevoli alla produzione di vini caratterizzati da corposità e struttura.
I vigneti, allevati a guyot e a cordone speronato, hanno una densità d’impianto inferiore alle 5.000 piante per ettaro, scelta finalizzata a ottenere produzioni limitate, ma di elevata qualità.
Il paese - storia e cultura
Piccolo gioiello incastonato al centro dell’Anglona, Martis, con con un’estensione di circa 22 Kmq, si sviluppa su un territorio di grande importanza geo-morfologica, ambientale e storica. L’origine antichissima, risalente al Miocene, e i conseguenti eventi geologici ne hanno disegnato il paesaggio che si presenta ora morbido e dolce, ora scandito da rocce di tipo vulcanico e sedimentario che spezzano le ondulate colline in suggestive valli e gole. Tra queste, un tempo ricche di impetuosi fiumi che ne hanno scavato le pareti, si muovono oggi dei corsi d’acqua dal multiforme aspetto: sinuosi torrenti estivi e travolgenti fiumi invernali, il cui procedere, sfocia, come nel caso del Rio Masino, incuneato tra i ripidi strapiombi della gola di Badde Traes, in una ripida cascata dal suono cristallino in località Triulintas. Un paesaggio di notevole suggestione, punteggiato qua e là dai colori delle trachiti e dalle innumerevoli sfumature della vegetazione che ricopre le pareti e le valli e circonda il piccolo laghetto ai piedi della cascata. Uno specchio di luce, in cui il silenzio, profumato di fiori, di erbe e piante aromatiche è interrotto dal ritmico suono dell’acqua, dal canto degli uccelli e dal frusciare delle foglie accarezzate dal vento. Immagini che riportano a un tempo remoto quando vasti laghi e immense foreste ricoprivano un’area che si estendeva per circa 100 km sino ai confini dell’Anglona, comprendendo Martis e molti comuni vicini. Ma non tutto è scomparso. Muti e imponenti, resi pietra sin nel dettaglio più minuto, permangono ancora gli alberi di quell’antica foresta. Ecco Carrucana: un patrimonio rarissimo e unico nell’isola, foresta di pietra in cui ancora riecheggiano i passaggi del tempo.
E il paesaggio muta a rendere inconfondibile questo angolo di terra ancora sconosciuto ai più. Stralci di quell’antico manto verde ricoprono ancora parte del territorio rivelando la ricchezza ambientale in esso presente. Boschi di quercia si alternano a cespugli di macchia mediterranea e arbusti sempreverdi, quasi pennellate di colori in cui immergersi assaporandone i particolari profumi. Lungo i corsi d’acqua, arricchiti da salici, tamerici e pioppi trovano il loro habitat ideale diverse specie di uccelli acquatici. Numerosissime i piccoli animali tra i quali sono abbastanza diffusi martore, donnole, volpi e roditori, mentre nel cielo non è raro veder volteggiare le poiane e i maestosi aironi cinerini.
Martis, Il Gioiello dell'Anglona.
Martis: un nome pregnante che riporta ai fasti di un passato le cui impronte permangono ovunque.
E non è difficile immaginare lunghe colonne di soldati romani e imponenti cavalieri percorrere il territorio e dare inizio a costruzioni di accampamenti, città e templi in onore dei loro Dei. Tra questi vi era sicuramente, come attesta la tradizione, un tempio, oggi scomparso, costruito sulla cima di una collina e dedicato a Marte, il dio della guerra per i Romani. Secondo una leggenda, infatti, il paese venne edificato dai superstiti di una guerra tra due villaggi vicini: Tathari, situato su Monte Franco e Marte. Leggenda o fantasia, il territorio è comunque teatro del passaggio e della permanenza di numerose genti sin dal Paleolitico, come attestano il ritrovamento di numerosi reperti litici e la presenza di importanti emergenze storico-archeologiche.
Dalle pietre scheggiate degli uomini preistorici alle imponenti costruzioni nuragiche, di cui se ne contano circa dodici, sino allo stanziamento romano, alla dominazione catalano-aragonese e all’influenza genovese. Il paese mostra nel suo centro storico capolavori di arte catalana e, incastonati tra gli architravi e le porte, misteriosi simboli, alcuni dei quali alludono alla presenza dei mitici cavalieri templari e il cui significato è ancora da svelare.
Simboli e messaggi sono ugualmente presenti all’interno delle sette chiese presenti nel paese, tra cui, degna di nota, è la chiesa dedicata a San Pantaleo, risalente al XIV secolo, in stile romanico-gotico. Abbandonata nei primi decenni del 1900 a causa del cedimento della collina su cui sorge, è oggi in via di restauro. All’interno è ancora possibile osservare la complessità costruttiva che allude al suo antico splendore, mentre è quasi scomparso il pregevole rosone che abbelliva la facciata.
La bella pala del Miracolo di San Pantaleo, del 1595, presente un tempo nella cappella maggiore della chiesa, e opera del più importante manierista sardo Andrea Lusso, si trova oggi nella nuova chiesa parrocchiale. Nel territorio, tra i numerosi resti di chiesette campestri, di un certo interesse è la chiesetta romanica di San Leonardo del XII secolo.
In un luogo di tale importanza, il Museo della cultura popolare parla di cultura della terra e delle vigne in un territorio un tempo ricco e fertile e centro di passaggi e comunicazione.